La bella Firenze, una chiesa sconsacrata a due passi da
Ponte vecchio e desiderio di VIVERE l’Arte.
Tanto è bastato alla mostra “Van Gogh alive” per ricevere
quasi 50 mila visitatori in due mesi (10 mila solo nella settimana di Pasqua ).
I numeri e le continue richieste hanno addirittura convinto gli organizzatori,
Grande Exhibition e Perlage Grandi Eventi, a posticipare la data di chiusura
dal 12 aprile al 2 Giugno.
Dimenticate quadri racchiusi in elaborate cornici.
Pensate, invece, a intere pareti su cui esse vengono proiettate.
Niente camminate su e giù per lunghi corridoi e stanzoni,
ma un pavimento su cui distendersi e toccare l’opera d’arte (per i più
delicati, comode poltroncine).
Basta silenzio assoluto nella processione lungo i quadri
appesi. Spazio alle note di Handel, Schubert, Liszt, Delibes, Nielsen, Sakura
che accompagnano lo scorrere delle immagini. Il tutto in surround per un
effetto-cinema.
Nemmeno Van Gogh si zittisce: le proiezioni dei suoi
dipinti sono accompagnate dalla sua penna. Qualche frase significativa,
infatti, delle numerose lettere al fratello Theo, appare trascritta accanto
alle sue opere. Incalzano ora la disperazione, ora la rinascita, ora la
speranza, poi, una nuova delusione.
L’impressione è quella di sfogliare il diario
dell’artista olandese, di passeggiare lungo le vie tortuose del suo animo.
Nulla è la fatica, se ci si lascia trasportare dalla corrente delle sue
pennellate che prendono forma, pur non cambiando essenza, nelle parole scritte.
Tanto bella quanto a suo modo rivoluzionaria la mostra
che celebra il padre dei girasoli. La chiesa sconsacrata di Santo Stefano è
stata allestita per ospitare l’utilizzo del sistema SENSORY4 che proietta
attraverso 40 maxischermi, immagini in alta definizione. È possibile così
esplorare i dettagli e le tecniche pittoriche.
Dalle prime esperienze nei Paesi bassi, alla Parigi
Impressionista, fino ad Arles e Auvers-sur-Oise, Van Gogh concede agli
spettatori di immergersi totalmente con la vista, con l’udito, con il tatto e
con l’animo, nella sua controversa genialità.
Il risultato è un’esperienza completa ed appagante, in
cui l’arte prende vita in una sinfonia di colori, luci e suoni fino a staccarsi
dalle pareti, scivolare sul marmoreo pavimento ed insinuarsi in chi guarda,
sbaragliando ogni barriera creata dalle mostre tradizionali.
Proprio qui la questione: può
davvero una raccolta di opere tradizionalmente appese alle pareti, corredate da
didascalie e avvolte nel silenzio dei musei, dar vita ad un esperienza
autentica e personale con il genio creativo e la sua opera? O stiamo solo
scorgendo, per citare lo stesso Van Gogh, “un po’ di fumo in alto fuori dal
camino”, quando potremmo scaldarci al gran fuoco che arde in animo all’arte?
di Teresa Giavarina
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