Leggere, secondo alcuni, è un po’ come fare un investimento. Anzi, un
prestito. È prestare una parte del nostro tempo, donarlo anzitutto a chi ci ha
messo fra le mani quelle pagine, poi a chi le ha stampate e quindi a colui che
le ha scritte; una persona della quale – nella maggior parte dei casi - mai avevamo sentito parlare. Leggere,
insomma, sarebbe un atto economicamente rischioso: una sottrazione di ore
potenzialmente spendibili in altre mansioni per prestare fiducia a
“sconosciuti”col rischio poi di ritrovarsi coinvolti in un’operazione a fondo
perduto.
In verità, i libri, tutti i libri, sono primariamente scatole preziose
che se da una parte funzionano con la moneta del nostro tempo, dall’altra
mettono a disposizione giacimenti di Tempo
ancor più vasti. Se leggere è prestare, il libro è certamente restituire, o
meglio ancora regalare. La lettura diviene perciò non una transazione a fini di
profitto, ma un monumento alla convivialità, una crisalide nella quale racchiudere
e lasciar fruire ad altri, in via definitiva, l’unica cosa che si possieda
realmente: il tempo. In ogni pagina, infatti, si sommano ore di fatica e
stagioni di impegno del lettore, alle ore dei personaggi, alle stagioni dello
scrittore e all’immortalità dei concetti. Per questo, scegliere di aprire una
di queste scatole magiche significa prestare e al contempo attingere e disporre
a piacimento, in qualunque momento, di Tempo. La lettura è uno splendido
travaso di Tempo, una democrazia del Tempo. Io do il mio, e contemporaneamente
ricevo un tempo che altri hanno vissuto e che scegliendo di regalarmi,
improvvisamente, si fa pubblico. La lettura è tramandare Tempo, una boccata
d’ossigeno nella società della fretta.
Un libro ferma l’orologio degli impegni e regala una pausa di
tranquillità. Gratuità e Bellezza: ecco le parole chiave, i semantemi sottesi
ad un simile discorso. Gratuità come
sinonimo di spontaneità e libertà, voglia di condividere senza altro fine se
non il rendere partecipe della vera gioia anche chi ci sta intorno. E, di
conseguenza, Bellezza come forma
d’affetto sociale declinata nella semantica di ciò che, parafrasando Leopold Kohr,
direttamente riflette la combinazione di “appropriato” e “in un certo
luogo”. Si, perché il Bello si lega
immediatamente al concetto di armonia, di proporzione, di giusta misura e
dunque di equità; mentre l’utile è piuttosto una stima, il ragionamento proprio
di un contesto ristretto ove nulla ha valore se non come strumento, tramite,
mezzo per conseguire altri fini.
Ora, se tutto ciò corrisponde al
vero, -fra le tante incertezze di questi tempi –donare un futuro al Libro significa
promettere un domani all’umanità stessa.
Trasmettere il piacere per la lettura, significa promuovere
un’autentica voglia di condivisione, ossia la reciprocità non negoziabile
racchiusa nella semantica del dono. Significa, non soltanto poter attingere al
serbatoio della Memoria evitando così di compiere sempre i soliti ciclici
sbagli, ma educare ad anteporre il Bello all’utile. Significa spostare
l’accento dall’avere all’essere; muovere dall’utilitarismo che piega, recluta e
asservisce ogni elemento come mezzo per un fine, all’elogio dell’inutile quale
mantra per decolonizzare l’immaginario da certe moderne ossessioni.
Il giudizio del Bello, non a caso, è sempre di natura morale, mai di
ordine economico.
Nessun commento:
Posta un commento