martedì 20 ottobre 2015

La parola ha veramente vinto?

''Il fatto non sussiste''.
Con questa sentenza, Erri De Luca è stato prosciolto, ma ha veramente vinto?
''La Tav va sabotata'' con questa affermazione lo scrittore è stato accusato di ''istigazione alla violenza''. Questo non è soltanto un fatto politico, ma viene qui messo in discussione il diritto alla parola, che attraverso l'art. 21 della Costituzione lascia libero arbitrio di esprimere la propria opinione. Allora qual è veramente la colpa dello scrittore? Come mai gli ''intellettuali'' paladini di diritti, non si sono schierati a favore dell'autore di ''La parola contraria''? Soltanto Roberto Saviano e la Feltrinelli Editore si sono dichiarati vicini allo scrittore napoletano. Saviano ha dichiarato: ''non condivido molte cose di De Luca, ma la mia vicinanza a lui, corpo e mente, è totale'', che fine hanno fatto i rappresentanti dei diritti che un tempo erano gli scrittori italiani? Non esistono davvero come afferma l'autore di gomorra? O forse appartengono al passato, come per esempio la Fallaci o Pasolini, eco di voci che appartengono a ''Storie sbagliate''.
I lettori di De Luca, però, si sono mobilitati in massa: sui social è nato l'hastag #iostoconerri e su internet molte sono state le campagne a favore dell'accusato. E' nata anche una petizione.
Il solito silenzio si erge, dunque, intonato dalla paura, che ha come coro, però, anche un po' di invidia da parte degli altri. E' stato addirittura additato come martire ed è stato detto che il processo servisse a fargli  pubblicità. Ma Erri quindi è un filosofo o un distruttore? La parola sabotare nel dizionario Treccani ha il significato di ''intralciare, ostacolare, impedire''. Certo è vero che tra le mani dei No Tav non ci fossero fiori e segni di pace, ma molotov e cesoie. Entrambi, però, sono simboli di rivolta. Con le cesoie il 19 ottobre si è tagliato il filo spinato, che un giornalista, ma anche uno scrittore, non dovrebbe portare mai alla bocca e alle mani, perché ''la parola ferisce più della spada'' ma la censura e l'indifferenza sono armi ben peggiori, portano al silenzio. 

Gabriele Puglisi

lunedì 7 settembre 2015

PRODIGY A FESTAREGGIO

Il 25 Agosto 2015 c’è stato il concerto dei The Prodigy e di Salmo presso la rinomata Festareggio.
Ogni anno la suddetta festa invita artisti famosi, italiani ed esteri. L’anno scorso, ad esempio, c’è stato il concerto dei Bluvertigo (la band di cui il leader è Morgan) e degli Skiantos. Quest’anno la scelta era interessante. Si passava dall’elettronica graffiante dei The Prodigy al reggae degli Alpha Blondy.

Di certo il concerto più atteso era proprio quello dei The Prodigy con special guest Salmo.
Il tutto è iniziato verso le 20.45, circa, quando sul palco è salito Dj Slait; dj e compositore per il Crew Machete (crew che riunisce vari rapper che si differenziano per basi vicine alla drum ‘n bass oppure elettronica mescolata alla old school).
Dopo un paio di minuti di performance freestyle, per riscaldare il pubblico, è partita la base di Russel Crowe e Salmo si è catapultato sul palco con la solita maschera.
Sono stati quaranta minuti di pura follia, il pogo era davvero massacrante nelle prime file e non c’erano attimi di tregua.
Dopo l’esibizione di Salmo la folla si è placata per circa mezz’ora, tempo necessario per la sistemazione delle scenografie e per un secondo rapido soundcheck.
Nel momento in cui le luci si sono accese tutte, sono partite delle sirene campionate che hanno dato il via al concerto dei The Prodigy, i quali hanno iniziato con Breathe.
Le canzoni si sono susseguite in rapida successione, nonostante siano tutti sulla soglia dei cinquant’anni, Liam Howlett, Maxim e Keith Flint ci sanno dare dentro alla grande. Notevole anche il batterista. Il chitarrista/bassista, invece, era pressocché scenografico.
Il concerto è durato circa un’ora e venti. Potrebbero sembrare pochi, però sono stati davvero intensi.
E’ stato molto interessante vedere ragazzi e ragazze di varie età riunite sotto al palco in nome della musica elettronica. I The Prodigy sono, da sempre, emblema della musica elettronica ribelle; hanno un background che proviene dai rave degli anni ’90 in Inghilterra.

Le mie considerazioni, riguardo questo concerto, sono positive.
Salmo ha fatto fare più che bella figura all’Italia, è riuscito far saltare persino persone che non l’avevano mai sentito.
I The Prodigy erano in forma smagliante, a vederli suonare e cantare così non si direbbe che sono tutti verso la cinquantina.
L’equalizzazione faceva abbastanza schifo, se eri sottopalco non sentivi le voci e tutta la gamma degli alti.

di Paolo Ravanini


giovedì 3 settembre 2015

ISEE Parificato per garantire il diritto allo studio

Una convenzione onerosa salva 400 studenti ma porta gravi costi all’ateneo.

L’università di Verona è riuscita a trovare una soluzione di fronte ai problemi presentati dal decreto ministeriale 159 del 5 dicembre 2013 (entrato in vigore il 1 gennaio 2015) che permette il calcolo dell’ISEE solo a chi hadomicilio e residenza in Italia escludendo così gli studenti e le studentesse stranieri/e che non avrebbero potuto presentare la domanda per le borse di studio. Di fronte a questa minaccia al diritto di studio che coinvolgeva circa 400 studenti dell’ateneo scaligero, il sindacato UDU Verona, l’ufficio per il diritto allo studio, il delegato del rettore e le segreterie hanno collaborato e lavorato per mesi. Dopo una lettera, alla quale non è seguita nessuna risposta, al ministero, si è quindi deciso di tentare un’altra strada. L’ateneo ha stipulato una convenzione onerosa con il CAF CGN, in modo che gli studenti stranieri possano recarsi presso le sedi del Caf convenzionato (link alla lista:http://www.univr.it/documenti/Documento/allegati/allegati491766.pdf)per ottenere il calcolo di un ISEE Parificato, ossia un ISEE considerato valido dall’università per l’ottenimento dei benefici. Il sindacato studentesco UDU ha anche creato uno sportello online per studenti e studentesse che hanno problemi con il nuovo calcolo dell’ISEE (link allo sportello: http://www.sosisee.it/). Questa soluzione ha però un costo: la convenzione a titolo oneroso, infatti,costerà all’ateneo €17,50 a pratica e si stima €20.000,00 in totale.

“Togli un posto a tavola che c’è un amico in più!”

La mensa offerta dall’Esu cambia gestione, ma il regolamento è sempre lo stesso.

Da qualche giorno a questa parte nei vari gruppi di Facebook dell’Università degli Studi di Verona le bocche degli studenti non sembrano piene di cibo, bensì di numerose opinioni contrastanti nei confronti dei servizi di ristorazione offerti dall’Esu e dall’università stessa che sembrano lasciarli a bocca asciutta.
La lamentela è sorta a partire dal fatto che alcuni di questi studenti non erano a conoscenza di un regolamento che effettivamente non era mai stato fatto rispettare nella realtà; tale regolamento prevede il fatto che in mensa non si può mangiare cibo portato da casa propria e tantomeno condividere un vassoio con un altro compagno, ma ogni pasto deve essere usufruito dal singolo studente che lo acquista per mezzo del badge distribuito dall’Esu a tutti gli studenti frequentanti l’Università degli Studi di Verona, l’Accademia di Belle Arti o il Conservatorio di Musica, secondo le tariffe in vigore.
Effettivamente fino ad oggi nessuno aveva avuto di che lamentarsi perché tutto era concesso, ma allora cosa è cambiato?
Sembra che ora le regole debbano essere rispettate a tutti i costi senza però che gli studenti ne prendano davvero coscienza.
Ecco allora un’ottima controproposta studentesca che riconosce forzatamente i propri obblighi, ma a cui non vengono riconosciuti dei semplici diritti: molti studenti, soprattutto pendolari, non sempre hanno voluto usufruire del servizio mensa perché troppo caro, nonostante le riduzioni, o perché ad esempio per personale assegnista non viene nemmeno riconosciuto uno sconto; dunque se a persone con cibo proprio viene negata una sedia al coperto e al caldo, la domanda che sorge spontanea a tutte loro è “devo restare a digiuno?”.
Ecco allora l’appello: in aula non si possono consumare cibi o bevande, in mensa non possiamo sederci accanto ai nostri compagni, ma allora dove potremmo mai consumare il nostro personale pasto in santa pace? Per terra nei corridoi forse?
La semplice proposta che viene fatta è quella di allestire un qualsiasi spazio universitario, con tavoli e magari fornetto a microonde, dove le persone che si portano il cibo da casa possano consumarlo senza doversi far cacciare e perciò “mangiar nervoso” per pranzo.
Tutte queste voci richiamano all’attenzione l’università, quale luogo di cultura, la quale dovrebbe permettere a tutti i suoi studenti di poter scegliere se mangiare in mensa oppure no, e allo stesso tempo riconoscere e trasmettere i fondamenti base dell’educazione, ossia che non si può mangiare per terra o da in piedi e che le regole devono essere fatte in base ai bisogni dell’intera comunità studentesca e non solo per essere imposte dall’alto.
Propongo qua, quello che proprio in questi giorni è stato avanzato dagli studenti: raccogliere firme, anche tramite lo strumento on line dell’e-learning, al fine di ottenere un luogo di ristorazione parallelo a quello offerto dall’Esu.
Tutti sono liberi di parlare in nome dell’educazione e del galateo. 

di Irene Monge

giovedì 27 agosto 2015

Il Presidente dell'Esu elogia il fascismo. E' subito polemica tra gli studenti.


''Sabaudia-Agro Pontino-I Veneti hanno reso una palude florida sia da un punto di vista agricolo che turistico. Mettiamo in campo qualche vecchia strategia per tirar su questa Italia?'' e "Documento interessante. Mussolini parla di "Maestosa Adunata di Popolo". Parla di Europa costruita con una piramidale ignoranza delle geografie e della storia. Sconvolgente la folla. Non ho mai visto Piazza Brà così piena nei comizi dei vari premier di partito. A quasi un secolo si continua a parlare di una nuova Europa?" sono i commenti che Domenico Francullo, Presidente dell’ESU, accompagna ai discorsi di Mussolini, condividendoli sul suo profilo Facebook.

Azione che può provocare sdegno, ma che passerebbe del tutto inosservata se, a condividere tale video, non fosse un uomo che ricopre una carica pubblica.

Arrivano subito le reazioni dal mondo studentesco. La risposta da parte del sindacato universitario non esita certo a tardare. Maria Giovanna Sandri, Coordinatrice dell’ UDU Verona, dichiara: ''Colgo con sorpresa e imbarazzo questa uscita. L'elogio al regime fascista attraverso il ricordo della bonifica pontina è una prassi tanto usuale quanto inflazionata. Eppure considerato il ruolo istituzionale che Domenico Francullo ricopre mi pare quantomeno inopportuno e preoccupante che il Presidente tessa elogi di 'vecchie strategie' mussoliniane. Ora mi aspetterei chiarimenti sulla sua posizione; che mi auguro vivamente sia antifascista, come la nostra Costituzione richiede''.

Mentre, di parere diverso è Lino Faedda, Rappresentante ESU per gli studenti, che dichiara: ''Il presidente dell'Esu è salito in carica grazie alle penultime elezioni regionali con la Lega Nord (partito che ha vinto con Zaia), dunque credo sia normale che sia schierato politicamente. Adesso si è staccato da quel partito ed è con Tosi, dunque vuole dire la sua tramite facebook. Io credo in un'Università dove non debba esistere la politica fatta dai partiti del parlamento italiano, però ognuno è libero di fare quello che vuole. Lui non parla a nome del CDA ESU, ma parla a nome suo dichiarando le future volontà e programmi del partito fondato con Tosi citando le "buone" cose (secondo lui) fatte da Mussolini. Non ne farei una polemica, le polemiche bisogna farle nel caso in cui il presidente andasse contro gli studenti o quanto meno contro i diritti degli studenti. In questo caso non mi sembra il caso di giudicare queste dichiarazioni in modo polemico".

L'esponente di SUV, studente e membro del CDA dell'Università, Leonardo Frigo, quasi concorde con Faedda, afferma:'' Non serve strumentalizzare un post su Facebook. A volte bisogna analizzare prima di criticare a priori. Inoltre agli studenti dell'università di Verona interessano le iniziative promosse come Presidente dell'Esu e non un post su un social network".
Domenico Francullo, da parte sua, oggi sul Corriere di Verona, replica "Se qualcuno vuole fare polemica, dovrebbe sapere che io ho amministrato l'ente pubblico nel rispetto di tutti i ruoli e le posizioni, finanziando progetti indipendentemente dal colore politico dei proponenti". Inoltre sostiene di non considerarsi un nostalgico e in merito al Ventennio fascista afferma "Quello fu un periodo di luci e ombre, ma cose positive sono state fatte. Bisogna vedere le cose buone per poterle proiettare nel futuro". 

A voi lettori, l'ardua sentenza....


di Gabriele Puglisi 

sabato 18 luglio 2015

Immagini e a/empatia

Lo ammetto: non guardo la televisione. Figuriamoci i Tg. Tanto tempo fa decisi che se avessi voluto informazione o intrattenimento, li avrei cercati o sulla carta o nel “posto” più bello del mondo: Internet. Ancora non rimpiango la decisione.

Durante le vacanze di Pasqua, però, un giorno all'ora di pranzo mi ritrovai ad accendere l'ignorato, più che odiato, apparecchio. Di fronte a me una pubblicità che so che milioni di voi conoscete bene, in una delle sue molteplici varianti: un bambino africano, denutrito e con gli occhi tristi, fissava lo schermo, e una voce in sottofondo chiedeva di aiutarlo. Alzai lo sguardo dal mio piatto e per un momento incontrai i suoi occhi. Non sentii niente. Solo un disagio si impossessò di me, un misto di fastidio e imbarazzo che fece premere al mio dito il bottone per cambiare canale. Trasmesse dalla mia televisione, questa volta, immagini di esplosioni e persone ferite o morenti.

Ho avuto, dunque, la sensazione che siamo arrivati a guardare, ma non vedere; ad annullare la nostra mente di fronte alle disgrazie. Più ci bersagliano con questi orrori, più ne siamo assuefatti, e il tentativo di sensibilizzare e ottenere aiuti causa spesso solo indifferenza o abitudine.
Non siamo colpiti se vediamo una di queste immagini, non siamo infastiditi, irritati, e ciò non può che spaventare e rattristare. Cosa siamo diventati?

Qualche tempo dopo, tornata dalle vacanze, ebbi la stessa sensazione a una lezione di fotografia di guerra. Conflitti dall'Ottocento fino ai giorni nostri, fotografi e foto che fecero storia, una dopo l'altra, a distanza solo di un clic. Fu il conoscere la storia dietro questi volti, come vivevano le loro esistenze, come morirono, che attivò il pulsante dell'emozione, dello shock. Fu il sapere che “erano persone”, per quanto orribile questa frase possa sembrare, con volti, vite e passioni.

La natura ci ha disegnato in modo da essere disgustati dalla vista del sangue, del dolore, e ad avere reazioni diverse solo se la persona colpita non è un estraneo ma qualcuno vicino a noi, a cui vogliamo bene o in cui ci identifichiamo. Solo in questi casi siamo motivati a ridurre la sofferenza invece di allontanarci fisico-psicologicamente da essa.

La mia apatia era stata sconfitta dall'empatia, ma l'empatia non poteva arrivare senza una storia. È qui che entrava in gioco la potenza delle parole. Ma quella non c'era quasi mai.

Mariella Rendon