"Alcuni
risultati possono essere stati rimossi nell'ambito della normativa europea
sulla protezione dei dati."
Avete mai notato questa nuova dicitura che appare dopo i
risultati di ricerca? Se siete dei cybernauti che usano Google frequentemente,
senza dubbio sì.
Una recente sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione
Europea ha riconosciuto ai cittadini dell'Unione il diritto di essere deindicizzati da Google, il più importante motore
di ricerca.
Tutto è nato a Maggio,
quando è stato accolto il ricorso di un cittadino spagnolo che chiedeva la rimozione dalla pagina dei risultati di Google di un link che
conteneva informazioni giudicate “non
adatte, irrilevanti o non più rilevanti”. L'azienda di Mountain View è stata
letteralmente sepolta, in poco tempo, di richieste per la rimozione di
contenuti considerati poco adatti.
Per l'UE si
tratta di una grande vittoria della
privacy, tanto da estendere tale sentenza a tutti i motori di ricerca. Ogni
cittadino ha la possibilità di segnalare e rimuovere contenuti scomodi e
irrilevanti. Questo prezioso potere nelle mani del pubblico, tuttavia, ha
innescato inevitabilmente delle discussioni. Il primo grande intervento
contrario a questo provvedimento è stato quello di Wikipedia; omettere
informazioni significa condannare il pubblico a perdere un pezzo di storia.
E'
un diritto inviolabile quello del diritto all'informazione, tanto che la
sentenza non ha pienamente considerato l'articolo 11 della Carta dei Diritti
Fondamentali dell'Unione Europea (Testo completo consultabile qui http://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf):
"Ogni individuo ha diritto alla
libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la
libertà di ricevere o di comunicare
informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle
autorità pubbliche e senza limiti di
frontiera."
Secondo grande intervento è quello di
Luciano Floridi, docente di Filosofia ed Etica dell'Informazione presso
l'Università di Oxford. Analizzando la questione da un punto di vista etico,
egli sottolinea come l'idea di privacy si scontra violentemente con il concetto di trasparenza; se un cittadino non ha nulla da
nascondere, perché eliminare dei link che lo riguardano?
Se i consumatori
gioiscono, Google invece corre ai ripari. Infatti tra le richieste ricevute, ne
esiste una percentuale significativa che solleva problemi etici, legali e persino politici. Da qui discussioni sul web,
teorie complottiste, e fiumi di inchiostro per giudicare la legittimità o meno
del procedimento. Google ha creato un Comitato Consultivo (di cui fa parte lo
stesso Luciano Floridi), allestendo incontri pubblici nel Vecchio Continente
(l'unica regione del mondo dove al momento si presenta il problema; se fate una
ricerca su Google.com i risultati
deindicizzati in Europa riappariranno magicamente!) per dare la possibilità
anche ai consumatori, come noi, di dare la propria opinione su questo tema
spinoso.
Se volete
maggiori informazioni su questo tema, linkate https://www.google.com/intl/it/advisorycouncil/.
Si parla dei nostri diritti, ed è nostro dovere essere dei cittadini
pienamente consapevoli.
Secondo voi
possiamo ancora parlare di privacy,
quando siamo i primi a condividere ogni momento della nostra vita sui social?
Diteci la vostra con l'hashtag #Passunivr!
di Anna Munari
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