(clikka per il pdf del numero di ottobre di Pass)
Todd Terje è un compositore e dj norvegese, il suo vero nome è Terje Olsen. Lavora nel mondo della musica dal 1999. L’unico album che ha pubblicato è: “It’s Album Time” e sarà proprio l’argomento di questa recensione.
Todd Terje è un compositore e dj norvegese, il suo vero nome è Terje Olsen. Lavora nel mondo della musica dal 1999. L’unico album che ha pubblicato è: “It’s Album Time” e sarà proprio l’argomento di questa recensione.
Inizia
piano, in maniera molto soffice, due sintetizzatori ed una batteria elettronica
alla quale si aggiungerà una batteria reale.
È un
crescendo di un minuto e quarantuno secondi che termina con una piccola
“esplosione”. Quello che succederà poi è un vero e proprio viaggio.
La
seconda e la terza traccia sono collegate fra loro da un flow continuo di suoni
che si mescolano formando talvolta degli intermezzi (anche molto brevi) che
danno quasi una vera e propria vita alla musica.
L’ascoltatore
si troverà catapultato nella mente di Terje, il quale riesce a costruire le sue
canzoni con i mattoni di altri artisti molto famosi. Si sente molto l’influenza
di artisti di grosso calibro (nonchè padri della nostra musica dance) come ad
esempio Giorgio Moroder. Si sa, terje ama alla follia la musica dance anni ’70,
ed era inevitabile che non ne fosse stato influenzato per la realizzazione
dell’album.
La
quarta traccia dell’album è un pezzo tendente molto al funky, ma realizzato
principalmente con sintetizzatori e batterie elettroniche. Il risultato è
davvero mostruso. A seguire troviamo Strandbar, traccia uscita come singolo in
tre versioni (disko, samba ed una versione bonus) qualche mese prima
dell’album. Che dire, è una traccia nella quale il pianoforte predomina su
tutto, ha un giro molto semplice ma davvero efficace e ti cattura,
trascinandoti in un tornado di suoni elettronici davvero ben studiati.
La
versione inserita in “It’s Album Time” è la disko version. Senza darci un
secondo di tregua, Terje ci piazza Delorean Dynamite subito dopo Stradbar e ci
tuffa negli anni 80, siamo a bordo di una DeLorean (curiosità: La DeLorean
utilizzata nel video di Terje è stata messa in vendita subito dopo la
realizzazione del video stesso.). C’è un piccolo giro di chitarra che ci
accompagna; è leggero e sotto alcuni aspetti velato, ma lo si sente e subito ti
entra dentro. In questa canzone possiamo notare l’ispirazione (molto velata) di
Terje nei confronti dei Daft Punk (alcuni elementi come la chitarrina, e i synth
un pochino più “ruvidi”).
La
canzone seguente ci da un po di pausa, giusto sei minuti per tirare il fiato.
E’
una cover molto ben costruita della canzone Jhonny and Mary di Robert Palmer
cantata dal fondatore dei Roxy Music: Bryan Ferry. Questa canzone è struggente
e lenta, ma dimostra quante sfaccettature possiede il nostro Terje.
Dopo
questi minuti di tranquillità, ci si presenta una canzone molto tendente al
fusion jazz. Breve ma davvero molto intensa e, come sempre, elettronica al
punto giusto.
Ora siamo
andati oltre la metà del disco, mancano solo quattro tracce e sono una più
carica dell’altra. Swing star (sia la parte 1 che la parte 2) sono un viaggio
galattico nell’universo dell’Arp 2600 (synth con il quale Terje ha creato la
maggior parte dei suoni dell’album).
La
parte 1 è molto veloce, mentre nella seconda il tutto si rallenta per arrivare
alla penultima traccia. Forse quella che più ci ricorda Giorgio Moroder. Ce lo
ricorda perchè i suoni sono i suoi praticamente e alcuni arpeggi che ci sono in
sottofondo sono davvero simili ad alcuni lavori del padre della dance. In
alcuni punti sembra di sentire proprio la canzone Utopia (sempre di Moroder).
Ma è
bello. Ci sta davvero bene e poi ovviamente Terje non copia, casomai cita.
Inserisce spesso un piano che rende il tutto un pò più vicino all’house di
Chicago.
L’album
si conclude con una sua traccia che venne rilasciata nel 2012 e che gli diede
ancora più visibilità e fama. La traccia in questione si chiama Inspector Norse
ed è una semplicissima traccia house. È di certo la più famosa dell’album
assieme a Strandbar; è costruita attorno ad un giro di tastiera molto semplice
basato su un modo di suonare una scala detto Misolidio. Inspector norse, quando
ti entra nella mente col suo giro, è davvero impossibile tentare di rimuoverla.
È troppo coinvolgente e si “rischia” si mettersi a ballare sulla sedia, in tram
o in qualsiasi luogo tu stia ascoltando il disco.
In
conclusione It’s Album Time è un disco davvero ben strutturato, ben concepito e
ben realizzato. Molto interessante è il fatto che sia stato fatto
principalmente in analogico. Spesso le batterie elettroniche sono delle Roland
606 ed il synth è quasi sempre creato con il mitico Arturia Arp 2600. Non
stanca nemmeno dopo il centesimo ascolto perchè ad ogni ascolto si riescono a
percepire meglio dei suoni che magari prima si davano per scontati o ai quali,
magari, non si era dato il giusto peso.
Se
dovessi dare un aggettivo per descrivere l’album direi che è, senza ombra di
dubbio, anacronistico.
Non
con la sua accezione negativa, ma semplicemente perchè è un tuffo negli anni
70/80 della musica dance/elettronica.
di Paolo Ravanini
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