Non sono
bastati gli appelli internazionali ed
il sostegno "virtuale" dato alla giovane ragazza tramite
Facebook e altri social network.
Persino
papa Franesco è intervenuto nella questione.
Perché per
creare un valore - diceva la ventiseienne iraniana dopo 5 anni nel
braccio della morte di una prigione di Teheran - si deve innanzitutto
preservare, anche se si muore.
E lei quel
valore non solo lo ha creato, ma lo ha gridato al mondo intero.
É stata
condannata nel 2009 per aver ucciso un uomo che aveva tentato di
violentarla. È stata uccisa per non aver smentito la sua versione
nonostante le avessero promesso salva la vita. La giovane donna con
quel silenzio non è
voluta scendere a compromessi. Lo scorso 25 Ottobre il suo volto era
su tutti i giornali.
Eppure
Reyhaneh la si incontra spesso: negli
occhi gonfi di quelle donne che ogni anno raccontano di "aver
sbattuto contro la porta”...
In quelle mani che
tremano giustificando gli effetti di un amore bestiale. In
quegli zeri che seguono il numero 6, perché sono più di 6 mila
all'anno le vittime di violenza,
solo in Italia.
Relazioni
che per qualche motivo bruciano come prese d'assalto,
allontanate dal loro fine
e diventate invece
atti di violenza per rivendicare il possesso dell'altra
persona.
E si pensa
di possederla, fino a mostrarle che cosa si
può fare con lei.
Fino a spezzarle le ossa mentre gli echi delle urla si smorzano tra
le mura di casa.
Sì,
perché non sono i
vicoli bui della città il palcoscenico più calcato da questi
assassinii di umanità. Sono cucine, salotti, l’angolo
tra il portaombrelli ed il caminetto.
È
odore
acre di ingiustizia che si sente provenire da queste storie.
Prendiamo
in considerazione qualche dato: da alcune indagini Istat sviluppate
negli ultimi due anni, sono circa tre milioni le donne colpite da
episodi di violenza domestica in tutto il mondo.
Di queste
solo il 18,2 % ha definito ciò che ha subito "reato", il
44% "qualcosa
di sbagliato". Preoccupa il 36% di loro (di
noi?) che lo
chiamano "qualcosa
che è accaduto".
Un evento. È
capitato.
Smettiamola
di contare, perché anche se i numeri fossero più irrisori di certo
la situazione non sarebbe meno grave!
Chiediamoci
piuttosto PERCHÉ si arriva a tanto.
Perché
queste donne trascinano il loro amore come una vecchia coperta
logora, fradicia , fino a coprire quello che è accaduto. Fino a
mentire non più solo al vicino di casa , alle amiche , ai figli...
Anche a se stesse.
E se lo
specchio poi riporta con sbadata violenza alla realtà di quel
“violaceo” marchio sulla guancia, lo si definisce " atto d'
amore ".
Spesso
quello schiaffo, quel morso, quello stupro non è
altro che il modo più diretto, e purtroppo anche più
efficace, che
l'uomo ha per
ristabilire il potere sulla donna. In una società in cui la libertà
femminile aumenta, il fenomeno si fa ancora più grave proprio a
causa di questa asimmetria.
Non
limitiamoci a pensare alla violenza cosi come la raccontano talvolta
film e giornali.
Umiliare è
violenza. Minacciare è violenza. Picchiare è violenza. Ed IL
SILENZIO è il più terribile complice, perché
chi sa e non denuncia, chi subisce e non denuncia non fa altro che
mettere una mano sulla bocca di chi non sa gridare.
di Teresa Giavarina
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